Vittorio Messina: “La crescita passa dal turismo”

Vittorio Messina: “La crescita passa dal turismo”

Vittorio Messina: "La crescita passa dal turismo" 1di Giuseppe Messina

Vittorio Messina: “La crescita passa dal turismo”





«Il turismo è un imprescindibile volano di sviluppo. È il settore che, più di ogni altro, può imprimere una svolta». Parole di Vittorio Messina, 52 anni appena compiuti, imprenditore agrigentino impegnato tanto in campo commerciale, quanto in seno alle associazioni di categoria che da poco più di dieci anni lo vedono ricoprire ruoli di vertice. Nato in una famiglia di tessutai, attivi ad Agrigento sin dagli albori del secolo scorso, e proprietario dal 2008 del luxury hotel “Baia di Ulisse”, Messina è attualmente vice-presidente della Confesercenti nazionale e presidente di Confesercenti Sicilia, nonché vertice nazionale di Assoturismo, la federazione sindacale che aggrega alcune delle imprese operanti nel settore turistico aderenti a Confesercenti, e vice-presidente di Union Camere Sicilia. Per dieci anni, dal 2006 al 2016, ha inoltre ricoperto la carica di presidente della Camera di Commercio di Agrigento.
Appena dopo il suo insediamento in seno ad Assoturismo, sul finire dello scorso luglio, ha posato l’accento sull’importanza del turismo per la crescita delle piccole e medie imprese.

Sì, e lo ribadisco: il turismo gioca un ruolo centrale.

Tanto più in Sicilia, dove ha un peso maggiore rispetto ad altre zone della Penisola, alla luce del patrimonio storico, culturale e paesaggistico che la nostra isola può vantare. Purtroppo mi sembra sia in atto una nuova “questione meridionale”; ma mentre un tempo si poteva rilevare una volontà di crescita nel Mezzogiorno d’Italia, oggi non rintraccio la stessa volontà da parte della politica. Le imprese puntano a fare sviluppo, si spendono per riuscirvi, ma le scelte dei governi non vanno nella medesima direzione, e alimentano l’annoso tema dell’Italia a due velocità. Ciò che chiedono gli imprenditori è di essere messi nelle condizioni ideali per portare avanti i loro progetti, e tutto questo non può che passare da una chiara e razionale programmazione complessiva».
Qual è, a suo avviso, la “ricetta” per una fruttuosa crescita qualitativa?
«Occorre abbattere le criticità, ovunque esse si manifestino. Bisogna migliorare i collegamenti viari, attraverso una capillare e costante manutenzione, per favorire la circolazione dei turisti e delle merci, e lo stesso dicasi dei collegamenti ferroviari, che in alcune zone fanno registrare condizioni da inizio Novecento. Occorre affrontare il tema della eccessiva pressione fiscale in ambito turistico: è necessario renderla più organica, per scongiurare l’evasione fiscale, e ciò anche a beneficio del turista, che non può e non deve essere considerato un bancomat in carne ed ossa. E ancora: bisogna mettere in campo precise iniziative per attrarre il turismo della terza età, puntando specialmente alle popolazioni dell’Europa del nord, desiderose di svernare in territori meteorologicamente più gradevoli. Certo, anche gli imprenditori devono fare la loro parte…».
Ovvero?
«Bisogna essere disposti ad investire in formazione. Studiare, migliorarsi, in una parola: crescere, per fornire un servizio dai contenuti sempre più elevati, al fine di garantire standard di accoglienza e ospitalità di prim’ordine. Soltanto così si può stare sul mercato in maniera redditizia».
Ciascun territorio ha le proprie peculiarità, talvolta in gran numero, e la Sicilia, con le sue nove province, non fa eccezione. Quando si parla della sua Agrigento la mente corre subito alla Valle dei Templi e alla Scala dei Turchi, eppure c’è dell’altro…

«C’è molto altro, sì. Quelli che lei ha citato sono i luoghi più noti e gettonati, i biglietti da visita della provincia di cui sono originario, ma come non parlare della riserva naturale di Torre Salsa, dei castelli trecenteschi, del Festival Strada degli scrittori, che coinvolge parte dei comuni della provincia? Come non citare i rinvenimenti dell’epoca paleolitica o il villaggio sicano di Sant’Angelo Muxaro? Anche sul versante enogastronomico l’Agrigentino ha molto da offrire: penso all’Uva Italia, alle pesche di Bivona, alle arance di Ribera, ai formaggi tipici… Questo territorio è decisamente al top, e ritengo sia pronto alla sfida rappresentata dal confronto con gli altri mercati».
Cosa le suggerisce la già lunga esperienza professionale maturata, da imprenditore e da componente di vertice delle sigle di categoria che l’hanno visto impegnato in prima persona?
«Che non bisogna mai essere contenti, mai paghi, che occorre sempre lavorare al massimo delle proprie possibilità e guardare avanti. Viviamo in un territorio stupendo, colmo di bellezze paesaggistiche e di prodotti della terra, ma non basta ricordare e ricordarci all’infinito di poter contare su queste enormi potenzialità. È necessario che ognuno faccia la propria parte, senza invidie e con grande spirito di collaborazione, affinché questo preziosissimo patrimonio possa dare i propri frutti. È questo l’obiettivo cui puntare con decisione».



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